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lunedì 22 giugno 2009

L'era glaciale


E' l'era glaciale ritenuta dai bambini la cosa piu bella che puo succedere
ma per noi grandi no:perche per il freddo anzi il gelo di quell'era la
maggior parte della specie umana non sarebbe arrivata a noi;i bambini si chiederanno
come ha fatto l'uomo dell'era glaciale a resistere a quel gelo? voi si avete capito
sto parlando dell'uoma della preistoria in particolare la razza homo sapiens
(homo neandertal e heidelberghensis).La razza homo sapiens aveva per fortuna
le ossa adatte al freddo,e sapete perche ho detto per fortuna?perche se dalla
scimmia fino a noi non facessero figli o fossero morti tutti di Homo
non sene sarebbe sentito parlare anzi ma che dico di Ominidi non se ne sarebbe
sentito parlare e se è per questo manco di me o di te chiunque tu fossi.

lunedì 8 giugno 2009

Il ringraziamento a madrness

Io voglio ringraziare il blog http://www.madrness.blogspot.com/ per aver messo nel suo blog 1 cosa che non deve interessare a lui ma a me.
Grazie http://www.madrness.blogspot.com/

lunedì 1 giugno 2009

l'arte preistorica

Qualche tempo fa,mentre alquni studiosi esaminavano la caverna Hohle Fels,in Germania,tre piccoli oggetti attirarono la loro attenzione.
Erano a forma di cavallo,di un uccello e di una forma che rappresentava una creatura mezza leone e mezza uomo.
Questi risalivano a 30.000  anni fa:quindi creati dall'homo di cro-magnon(homo sapiens sapiens).

domenica 31 maggio 2009

primi successi di noi delle glaciazioni

cerca su google "homo sapiens scoperte"
su 17600 siti, ci trovi al secondo posto
saluti glaciali a tutti




domenica 24 maggio 2009

MAMMUT

sabato 23 maggio 2009

scoperte homo sapiens

STORIA di PANTALICA
Età Paleolitica

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Homo Sapiens nel Paleolitico

Come è stato indicato in precedenza il periodo glaciale di Würm è caratterizzato da due stadi freddi separati da una lunga fase più temperata (che si protrae tra 50.000 e 25.000 anni fa), durante la prima parte del quale l’uomo di Neanderthal scomparve prograssivamente dall’Europa fino ad estinguersi e ad essere sostituito dall’uomo Sapiens moderno.

L’Homo Sapiens sapiens infatti è comparso in Europa per migrazione da territori diversi del Vicino Oriente o dalle coste settentrionali dell'Africa.

migrazioni di homo sapiens dall'Africa



Il nuovo tipo umano si diffonde in tutti i continenti, anche in Australia e nelle Americhe; rispetto alle forme precedenti si differenzia per il cranio alto, l’assenza del toro sopraorbitario, la fronte diritta, la faccia piatta, il mento prominente, l’occipitale arrotondato, la statura più alta e una diversa proporzione tra gli arti. Come prototipo di questo nuovo tipo umano è stato considerato l’individuo "anziano", di circa 50 anni d’età, rinvenuto nel 1868 nel riparo di Cro-Magnon in Dordogna (Francia), che ha dato il nome ai resti più antichi di Homo Sapiens sapiens.



Le innovazioni comportamentali dell’uomo moderno investono tutte le sfere della sua attività quotidiana e spirituale. Tali comportamenti, che solo in pochi casi erano già attestati nell’uomo di Neanderthal, sembrano avere origine dalle nuove e più complesse facoltà cerebrali dell’Homo Sapiens sapiens, che consentirono lo sviluppo del linguaggio articolato e di capacità simboliche e cognitive.

tecnologia e arte preistorica

Con l’uomo moderno il processo di encefalizzazione giunge al suo culmine e il nostro cervello raggiunge un volume compreso in media tra 1.500 e 1.600 cc. Si tratta di un organo dalle dimensioni notevoli in relazione alle dimensioni corporee complessive e che necessita di un apporto energetico altrettanto ragguardevole. L’ampliamento delle capacità intellettive non dipende naturalmente solo dal volume metrico del cervello, ma anche dai suoi processi di riorganizzazione interna. L’espansione del volume inoltre non è uniforme, ma interessa alcune aree particolari come ad esempio quella destinata alle capacità associative e linguistiche. La particolare architettura cranica dell’Homo sapiens arcaico e dell’Homo sapiens moderno può aver consentito lo sviluppo della parte frontale del cervello destinata all’elaborazione di tali capacità.

Una volta che il linguaggio e le capacità cognitive simboliche sono entrate a fare parte dell’universo umano ne deriva una conseguenza di portata incalcolabile: la possibilità di trasmissione per via non genetica del patrimonio di conoscenze, di capacità tecniche, di modi di vita e di sapere rituale da una generazione all’altra. Tale trasmissione non biologica delle capacità acquisite risulta così il punto di partenza dell’evoluzione culturale.

Nessun mutamento di carattere biologico ed anatomico ci differenzia dall’Homo Sapiens sapiens di 40.000-35.000 anni fa. È superfluo sottolineare quanto comportamenti, modi di organizzazione sociale e abitudini di vita si siano succeduti e modificati nell’arco di tempo che ci divide dalle fasi più antiche del Paleolitico superiore e come queste modificazioni siano la conseguenza dell’evoluzione culturale che ha segnato la nostra storia, ma che potrà subire anche dei nuovi cambiamenti nel corso del suo sviluppo futuro.



Paleolitico superiore europeo

I complessi del Paleolitico superiore europeo si sviluppano nella parte recente dell’interstadio würmiano, nel II Pleniglaciale e nel Tardiglaciale, lungo un arco cronologico compreso tra 35.000 e 10.000 anni circa da oggi. L’Aurignaziano è, come abbiamo visto, il primo complesso europeo espressione dell’Homo sapiens sapiens che, affermatosi in vario modo tra 39/38.000 e 33.000 anni fa, termina attorno a 26.000 anni dal presente.

Ad esso segue in tutta Europa il Gravettiano, che si afferma durante il II Pleniglaciale fino alla fase fredda caratterizzata dall’acme glaciale attorno a 20.000 anni fa. L’abbassamento generale della temperatura determina un estensione delle grandi masse delle nevi e dei ghiacci presenti nelle catene montagnose europee che vanno a costituire così delle barriere naturali tra regioni vicine. I complessi che si affermano durante questa fase climatica subiscono, anche forse a conseguenza di ciò, una netta differenziazione culturale.

Nell’area occidentale atlantica si sviluppa dapprima il Solutreano, compreso tra 20.000 e 18.000 anni da oggi a cui segue il Maddaleniano, tra 18.000 e circa 11.000 anni fa; nella penisola iberica, italiana e balcanica e nell’Europa orientale le tradizioni gravettiane regionali persistono fino al Tardiglaciale würmiano, dando origine ai complessi epigravettiani. L’Epigravettiano italico è suddiviso in una fase antica, corrispondente all’ultima fase del Pleniglaciale (all’incirca tra 20.000 e 15.000 anni da oggi), e in due ulteriori fasi, un momento evoluto ed uno finale, che corrispondono al Tardiglaciale würmiano (tra 15.000 e 10.000 anni fa). La fine della glaciazione würmiana è fissata per convenzione a 10.000 anni da oggi, data che corrisponde in cronologia radiocarbonica calibrata a 8050 ± 150 anni a.C. Questo limite cronologico non solo segna la fine del Paleolitico superiore e il passaggio al successivo Mesolitico, ma coincide anche con il limite tra il Pleistocene e l’Olocene che si riferisce al momento in cui il ritiro della calotta glaciale consentì l’entrata dell’acqua salata del Mare del Nord nell’area del Baltico.

grotte scavate dall'Uomo nel Paleolitico

Ambiente e territorio durante il Paleolitico superiore nell’Italia

Durante la glaciazione di Würm, in conseguenza della regressione marina, la configurazione del territorio era ben diversa dall’attuale, e la possibilità di contatti e di scambi tra la penisola italiana e parte di quella balcanica era ben maggiori

Nell’Interpleniglaciale, fase calda dell’era glaciale che si estende tra 50.000 e 25.000 anni dal presente, le aree interessate dalla presenza dei ghiacciai erano un po’ più estese delle attuali, poiché nelle regioni montuose il limite delle nevi perenni era un centinaio di metri più basso di quello odierno. Le linee di costa si trovavano circa venti metri più in basso di quelle attuali. Il clima era generalmente freddo e arido, con dei momenti moderatamente più temperati e umidi.

Il II Pleniglaciale würmiano, tra 25.000 e 15.000 anni da oggi, segna un generale irrigidimento climatico che culminerà verso 20.000 anni fa con l’acme glaciale in cui i ghiacciai continentali dell’Europa settentrionale e i ghiacciai alpini raggiungeranno la massima espansione. La ritenzione di un’enorme massa d’acqua (regressione marina) determina un abbassamento generale dei mari di circa 120 metri al di sotto del livello odierno. A conseguenza di ciò, tutto l’Alto Adriatico emerse e la Pianura Padana si estese fino alle Alpi Giulie, al Carso, alle pendici dei rilievi istriani e alle Alpi Dinariche. A nord di questa grande pianura, la cui linea di costa più meridionale si estendeva tra Ancora e Zara, le Prealpi Venete, le Alpi Dolomitiche e Carniche e le Caravanche in Slovenia furono intensamente ricoperte dalle masse nevose perenni, mentre le Alpi Giulie e Dinariche, caratterizzate da rilievi meno elevati, non costituirono una barriera naturale tra le regioni balcaniche e quelle mediterranee.

Nel Pleniglaciale il clima, generalmente freddo e con tendenza a divenire sempre più continentale (con temperature medie estremamente rigide nel mese di gennaio e relativamente alte in luglio) e arido determina, attorno alle aree glacializzate, la formazione di un paesaggio di tundra e più a sud di steppe fredde e di steppe arborate. Nelle aree più lontane dalle masse dei ghiacciai prevale una foresta di conifere, mentre la foresta mista è confinata in ristrette aree di rifugio. Le influenze continentali-balcaniche dovettero essere particolarmente marcate nelle regioni alto adriatiche della penisola italiana come è confermato dalla presenza di mammiferi, quali il mammut, il bisonte e la lepre fischiante.

Il ritiro definitivo delle masse glaciali dalle regioni dell’Europa settentrionale in relazione a un lento, ma progressivo innalzamento della temperatura, segna l’inizio del Tardiglaciale würmiano. Durante il Tardiglaciale, che interessa un arco cronologico compreso tra 15.000 e 10.000 anni dal presente, vengono distinte delle fasi a clima freddo e arido (Dryas I-III) intervallate da momenti temperato-umidi (Pre-Bølling, Bølling e Allerød), nel corso dei quali la vegetazione, gli animali e quindi anche l’uomo si diffondono nuovamente in territori in cui in precedenza era impossibile accedere, come ad esempio nell’ambiente montano.

aree glaciali (in nero)





La vita quotidiana durante il Paleolitico superiore

Durante il Paleolitico superiore l’economia è ancora fortemente incentrata sulla caccia. La differenziazione ambientale che si verifica durante il II Pleniglaciale, tra 50.000 e 25.000 anni fa, determina una diversificazione dei modi sostentamento dei gruppi di cacciatori-raccoglitori in relazione alle diverse risorse disponibili. Nell’Europa occidentale la renna diviene la preda dominante, mentre nelle regioni mediterranee la composizione della fauna appare varia e differenziata in base alle specifiche caratteristiche ambientali.

Nella fase finale dell’Epigravettiano i mutamenti climatici determinati dalla fine dell’era glaciale consentirono la diffusione del bosco fino a quote prossime a quelle attuali. Tali nuove condizioni ambientali permisero alle bande di cacciatori che vivevano in pianura e nella fascia prealpina dell’Italia settentrionale di spingersi alla ricerca delle loro prede fino a quote sempre più elevate. Gli spostamenti avvenivano su base stagionale, passando dai campi invernali situati in grotte e ripari delle Prealpi o nelle grandi valli alpine, la Valle dell’Adige ad esempio, a insediamenti estivi situati nella media montagna, tra 1.000 e 1.600 metri di quota. Questi accampamenti estivi, posti all’aperto o sotto piccoli ripari di grandi massi, vicino a laghetti e pozze d’acqua, servivano alla caccia a cervi e stambecchi che migravano stagionalmente in senso altitudinale verso le praterie poste al di sopra del limite del bosco.

Le tecniche di caccia nella fase più antica del Paleolitico superiore erano probabilmente analoghe a quelle del Paleolitico medio; le armi più comunemente usate erano ancora lance, munite ora anche di punte di osso o di avorio. Nella fase più evoluta alle zagaglie si associano gli arponi, utilizzati anche nelle attività di pesca.

Durante questo periodo si perfezionano inoltre i sistemi di immanicatura delle armi da getto e si sviluppa la pratica, che verrà ampiamente adottata nel Mesolitico, di fissare elementi litici di piccole dimensioni in serie (armature) su un’asta di legno o di osso usata come arma da getto. Il Paleolitico superiore vede anche l’invenzione di un congegno atto a scagliare le lance con maggiore efficacia e potenza: questo nuovo strumento è il propulsore. Non è invece accertato l’uso dell’arco, anche se alcune rappresentazioni artistiche ne potrebbero suggerire la comparsa.

La raccolta e la pesca sono documentati nel territorio europeo fin dalla fase più antica del Paleolitico superiore, in particolare nelle regioni mediterranee, dove la raccolta di molluschi marini si intensifica nell’Epigravettiano finale, come è attestato dai cumuli di conchiglie (chiocciolai) presenti in numerose località situate in prossimità delle coste.

Durante il Paleolitico superiore l’insediamento tipo è prevalentemente in grotta o in ripari sotto roccia; nell’Europa centro-orientale sono invece noti numerosi accampamenti all’aperto. Nell‘ambito degli accampamenti ve ne sono alcuni più semplici con una o due abitazioni, ed altri più complessi, con una notevole quantità di strutture. Questi abitati sono costituiti tende o capanne, sia seminterrate sia al livello del suolo, a pianta circolare od ovale .

La presenza di aree specifiche destinate alla lavorazione della selce o di altre rocce dure all’interno degli abitati suggerisce una divisione del lavoro, determinata dall’abilità di alcuni individui del gruppo nella fabbricazione di particolari strumenti litici. Anche la realizzazione delle grandi opere d’arte parietale potrebbe essere attribuita ad artigiani specializzati mantenuti da ampie collettività. Pare probabile che persone addette a pratiche di culto o a pratiche magiche, con funzioni simili a quelle degli sciamani, godessero di una posizione privilegiata nella comunità.

L’indicazione della mobilità dei gruppi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore può essere determinata, oltre che dai territori sfruttati stagionalmente durante le battute di caccia, anche dal rinvenimento di particolari materie prime usate nella fabbricazione degli utensili, da conchiglie fossili o marine impiegate come ornamenti e da altri reperti di varia natura provenienti da località situate a grande distanza dagli accampamenti. Queste presenze, che alle volte provano distanze anche di centinaia di chilometri, possono essere state il risultato di lunghe migrazioni o di contatti occasionali tra gruppi diversi, almeno nella fase più antica del Paleolitico superiore. La continuità di approvvigionamento di una determinata materia prima, durante un momento più avanzato del Paleolitico superiore, prova invece l’esistenza di scambi realizzati attraverso contatti sistematici tra gruppi diversi o spedizioni ripetute alla località di estrazione o di raccolta.



Le pratiche funerarie

Le testimonianze di sepolture del Paleolitico superiore sono molto più abbondanti di quelle del Paleolitico medio. Esse mostrano una notevole varietà di riti, una più complessa struttura delle sepolture e certa è la funzione di corredo degli oggetti associati ai defunti.

I cadaveri sono stati deposti in fosse appositamente scavate, più o meno profonde, in posizione allungata (supina), fortemente rattratta o leggermente ripiegata. La maggior parte delle sepolture presentano un corredo, costituito prevalentemente da strumenti litici, generalmente di pregevole fattura, da manufatti in osso e corno, quali bastoni forati e zagaglie, da oggetti ornamentali, quali conchiglie forate, denti di animali anch’essi con foro di sospensione, vaghi in pietra e in osso, vertebre di piccoli mammiferi e di pesci. Tali oggetti potevano formare collane, bracciali, cavigliere, copricapi e talvolta associati in vario modo ornavano le vesti.

Frequente è l’uso di ocra rossa, con cui veniva cosparso il fondo della fossa o il corpo dell’inumato. In qualche caso venivano collocati dei blocchi o lastre di pietra in corrispondenza della testa o di altre parti del corpo.

La maggior parte delle sepolture del Paleolitico superiore sono ritrovamenti isolati, in rari casi si tratta di sepolture bisome di due individui, mentre nella parte finale di questo periodo il rinvenimento di numerose sepolture concentrate in un’area riservata specificamente ad esse, suggeriscono l’esistenza di vere e proprie necropoli. In questo senso possono essere interpretati alcuni rinvenimenti fatti in Italia in depositi attribuibili all’Epigravettiano finale, come ad esempio le quindici sepolture delle Arene Candide in Liguria, le quattro sepolture della grotta del Romito in Calabria e le cinque sepolture della Grotta di San Teodoro in Sicilia.

grotte scavate dall'Uomo nel Paleolitico

Le manifestazioni artistiche del Paleolitico superiore

I cacciatori del Paleolitico superiore hanno prodotto un numero molto elevato di opere d’arte, che in circostanze favorevoli si sono preservate sino ai nostri giorni. Tradizionalmente si distingue tra una produzione d’arte mobiliare e una produzione d’arte parietale . Le manifestazioni artistiche paleolitiche hanno avuto una vasta diffusione nel continente europeo, penetrando nelle regioni orientali talvolta fino nei territori siberiani.

Gli oggetti d’arte mobiliare sono stati ricavati da supporti ottenuti da ciottoli, lastre e blocchi di pietra o ricavati dall’osso, avorio e corno ed eccezionalmente dal legno che sono stati incisi, scolpiti o dipinti; più raramente sono stati modellati con l’argilla e quindi cotti. Essa è nota in tutte le regioni europee ove vi siano testimonianze del Paleolitico superiore; giacché gli oggetti d’arte mobiliare sono spesso rinvenuti durante gli scavi archeologici, essi sono quindi riferibili a un preciso contesto cronologico e culturale. L’arte mobiliare è documentata in numerosi paesi, con frequenza maggiore nella Francia sud-occidentale e nei Pirenei, in Moravia e nella Russia centrale.

L’arte parietale, limitata alle regioni con grotte e ripari sotto roccia, è maggiormente concentrata nell’area franco-cantabrica tra Francia centro-meridionale e Spagna settentrionale, anche se alcune località con testimonianze artistiche sono note in Italia meridionale, Portogallo, Romania e Russia.

Le tecniche di realizzazione delle incisioni e delle pitture parietali sono varie. In tutte le età sono state utilizzate l’incisione, il bassorilievo e la scultura a tutto tondo, mentre la martellinatura è limitata all’Auriganziano. In taluni casi è stata adottata la tecnica della raschiatura della superficie argillosa delle pareti, creando effetti di contrasto tra la superficie più scura dell’argilla e quella più chiara delle pareti calcaree. Frequentemente sono state utilizzate come supporto delle opere d’arte parietale anche morfologie naturali di massi o pareti delle grotte. Nella pittura sono stati usati soprattutto ossidi di ferro (ocra gialla, rossa e violetta), ossidi di manganese (nero), carbone (nero) sotto forma di matita o di polvere applicati con spatole e pennelli.

Problematica appare l’attribuzione delle opere d’arte parietale, generalmente realizzate nelle parti più interne delle grotte lontane dalle aree abitative poste all’ingresso e quindi distanti dai depositi archeologici. Solo in rari casi le opere d’arte sono apparse ricoperte da un deposito, la cui attribuzione cronologica ne ha consentito una datazione. Ad eccezione di questi casi, l’inquadramento cronologico delle opere d’arte rupestre può essere realizzato solo con l’analisi stilistica, attraverso il confronto con i pochi documenti parietali e gli oggetti d’arte mobiliare databili.

Su base stilistica dei siti dell’area franco-cantabrica sono stati distinti: un periodo pre-figurativo, corrispondente al Castelperroniano, nel quale la produzione artistica è limitata a bande di tratti incisi; un periodo primitivo, riferibile all’Aurignaziano e Gravettiano, nel corso del quale compaiono le prime opere figurative, sia mobiliari sia parietali; un periodo arcaico, attribuito al Solutreano e Maddalenniano antico, al quale risalgono gli insiemi di grandi blocchi scolpiti e i maggiori complessi di pitture e incisioni parietali; un periodo classico, attribuito al Maddaleniano recente, con la ricchissima produzione mobiliare, i grandi fregi scolpiti e molte grotte dipinte e incise. Con la fine del Paleolitico superiore l’arte decade rapidamente.

I temi trattati dall’arte parietale sono in prevalenza naturalistici; riproducono vari tipi di mammiferi (quali mammut, cavalli, bisonti, uri, cervi, renne, stambecchi, camosci, cinghiali, leoni, lupi e orsi), pesci (salmoni e trote), anguille, rettili. Accanto ad essi si devono ricordare animali immaginari, quali il liocorno. Tra le figure umane, nettamente inferiori nell’incidenza, vi sono: figure maschili e femminili, figure di genitali femminili, mani riprodotte sia in negativo sia in positivo e figure in parte umane in parte animali. La terza categoria di figure riguarda i cosiddetti segni: punti, tratti lineari, claviformi, frecce, scutiformi, tettiformi e rettangoli campiti.

Le associazioni di figure documentate nell’arte parietale hanno avuto varie interpretazioni. Due sono quelle principali: la presenza di scene di caccia (con animali feriti da giavellotti o da frecce, animali catturati in trappola), di accoppiamento e di morte ha portato alcuni studiosi ad attribuire a quest’arte una valenza magica, rivolta a propiziare la caccia, la riproduzione degli animali e la fertilità umana; altri ricercatori hanno sostenuto invece il significato simbolico delle rappresentazioni, che non sarebbero quindi delle semplici scene evocatrici di fatti reali o accaduti, ma associazioni di simboli riprodotti secondo un determinato sistema di significato.

L’Italia è situata relativamente ai margini rispetto al fenomeno dell’arte dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore. La gran parte dell’arte parietale paleolitica italiana è concentrata in due grotte della Puglia (Paglicci, Romanelli), nella Grotta Genovesi nelle isole Egadi, in alcune grotte della Sicilia (Niscemi, dell’Addaura, della Za Minica, dei Puntali e Racchio,di Pantalica), nel Riparo del Romito in Calabria e nelle Grotte dei Balzi Rossi in Liguria. Gli animali maggiormente rappresentati sono equidi, bovidi e cervidi; nel caso della Grotta dell’Addaura è presente una scena eccezionale riproducente una decina di personaggi maschili in atteggiamenti vari che sembrano partecipare a una danza o a un rito di iniziazione.

lunedì 18 maggio 2009

Homo sapiens sapiens

Nel 1868 alcuni operai francesi, che lavoravano alla linea ferroviaria Marsiglia-Bordeaux, scoprirono a Cro-Magnon in Dordogna i resti di cinque scheletri umani disposti sopra focolari contenenti strumenti lavorati ed ossa di animali. Gli scienziati poterono presto confrontare quegli scheletri con altri nel frattempo rinvenuti: tutti vennero attribuiti ad un tipo di uomo più evoluto dell' uomo di Neandertal, che fu chiamato uomo di Cro-Magnon. Seguendo la classificazione ora correntemente adottata dai paleoantropologi, questi uomini appartengono alla sottospecie Homo sapiens sapiens, cioè in altre parole non differiscono dall'umanità attuale se non per particolari morfologici trascurabili.

L'uomo di Cro-Magnon si diffuse in Europa intorno a 40.000 anni or sono, e in poco tempo soppiantò le preesistenti popolazioni di neandertaliani. Sulla sua origine prevale l'ipotesi africana: Homo sapiens sapiens si sarebbe formato in Africa a partire da 200.000 anni or sono, convivendo per un lungo periodo con le popolazioni di Homo sapiens, e si sarebbe poi irradiato fuori dall'Africa.

Con l'uomo di Cro-Magnon e i suoi contemporanei europei ed extraeuropei l'evoluzione fisica raggiunge il livello dell'uomo attuale e l'evoluzione culturale, in progresso sempre più rapido, diviene il meccanismo principale con cui l'uomo risponde alle pressioni dell'ambiente in cui vive. Questi "uomini moderni" in effetti manifestano di possedere una cultura ben articolata e molto più complessa rispetto ai loro progenitori, come è testimoniato dalle nuove tecnologie per la lavorazione della pietra, dell'osso, del corno, dai ritrovamenti di vere e proprie opere d'arte, dallo sviluppo di una sempre più organizzata vita sociale.

Probabilmente questa rapida evoluzione fu favorita dall'invenzione di vere e proprie forme di linguaggio, che permisero in modo molto più chiaro e immediato lo scambio di idee, esperienze, sensazioni, sentimenti; quel che è certo è che i ritrovamenti sinora effettuati dai paleoantropologi hanno messo in luce la grande quantità e qualità di strumenti di selce, osso e corno usati, e in particolare gli strumenti usati esclusivamente per fabbricarne altri. Venne inventata la tecnica dell'incastro e con essa si fabbricarono armi e altri oggetti con manici in legno.
Gli uomini inventarono l'arco, e impararono a cucire e a preparare indumenti in pelle con maniche e pantaloni adatti per proteggere il corpo dal freddo, dagli animali, dalla vegetazione. Artisti scolpirono statuette di pietra e di argilla, incisero la pietra e l'avorio e dipinsero le pareti delle caverne, forse per esprimere i loro sentimenti, o per scopi magici e religiosi e per esorcizzare le loro paure più che per scopi decorativi.

Homo sapiens sapiens gradualmente raggiunse quasi tutte le terre emerse, popolando regioni che fino ad allora non erano state interessate dalla presenza di ominidi o di proto-umani. Si ritiene che i primi gruppi umani abbiano raggiunto l'America settentrionale attraverso lo stretto di Bering nel corso dell'ultima grande glaciazione, quando per l'abbassamento del livello dei mari collegato all'estensione dei ghiacci continentali si formò un'istmo al posto dell'attuale stretto che permetteva l'agevole collegamento tra la Siberia e l'Alaska. Gli studi di geologia e di paleoclimatologia suggeriscono che due furono i periodi nei quali più facile si presentò tale passaggio: tra i 70.000 e i 35.000 anni e tra i 26.000 e i 9.000 anni: a partire da quest'ultima data lo stretto di Bering fu nuovamente sommerso dalle acque.
La presenza dell'uomo preistorico in America è documentata da numerosi reperti: l'industria litica daterebbe a circa 50.000 anni or sono la sua attività in Canada.

Il popolamento dell'Oceania avvenne attraverso gli arcipelaghi dell'Asia sudorientale, allora più numerosi e separati da bracci di mare meno vasti e profondi: le più antiche testimonianze di culture umane sul continente australiano risalgono a circa 36.000 anni fa.

mercoledì 29 aprile 2009

chi siamo

Noi di RitorniamoAlleGlaciazioColore testoni viviamo dove ci pare.
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homo habilis


L'Homo habilis è una specie di ominide del genere Homo, apparsa nel Pliocene.
Le prime scoperte su questa specie vennero fatte dai coniugi Leakey nei primi anni Sessanta nella gola di Olduvai in Tanzania. Questo luogo si è rilevato particolarmente importante per il numero di frammenti ossei rinvenuti negli anni, appartenenti a molte specie diverse. Tra queste vi sono le tracce di alcuni ominidi che già due milioni di anni fa dimostravano di avere capacità "umane". Vicino ai loro resti sono stati trovati moltissimi manufatti di pietra dalla fattura elementare. Per questo motivo si sono meritati l'appellativo di "habilis".
Dotato di una capacità cranica di circa 600-750 cm3, Habilis utilizzava i suoi strumenti per uccidere e squartare le carcasse di animali. Tali manufatti erano ancora abbastanza primitivi, ma il fatto che tali ominidi li costruissero implica delle importanti considerazioni:
Habilis prefigurava la necessità futura di tali oggetti
Habilis sapeva scegliere i materiali disponibili per costruirli
Habilis possedeva l'abilità manuale e cognitiva per realizzarli secondo necessità .

Si ritiene che l' Homo habilis fosse in grado di padroneggiare gli utensili di pietra del primo Paleolitico. Si trattava degli utensili più avanzati mai usati, e diedero all'H. habilis la capacità di prosperare in un ambiente ostile in precedenza troppo pericoloso per i primati.
È ancora controverso se l' H. habilis sia stato il primo ominide in grado di padroneggiare gli utensili di pietra, poiché fossili di Australopithecus garhi, datati 2,5 milioni di anni fa, sono stati ritrovati con frammenti di utensili in reperti più antichi di almeno 100.000-200.000 anni dell'H. habilis.
La maggior parte degli esperti sostiene che l'intelligenza e l'organizzazione sociale dell' H. habilis fosse più sofisticata di quella degli australopitecidi e degli scimpanzé. Eppure, nonostante l'utilizzo di strumenti, l'H. habilis non era un abile cacciatore rispetto ad altre specie, poiché le tracce fossili hanno mostrato che, nella sua dieta, mancavano predatori di grandi dimensioni come il Dinofelis, un felino con i denti a sciabola delle dimensioni di un giaguaro. Sembrerebbe quindi che l' H. habilis utilizzasse gli utensili soprattutto per strappare la carne della preda, piuttosto che per difesa o per cacciare.
L' H. habilis era forse l'antenato del più avanzato Homo ergaster, che a sua volta fu l'antenato dell' Homo erectus. Continuano ad esserci dibattiti sulla tesi che l'H. abilis sia stato o meno un diretto antenato dell'uomo, e vi sono anche dubbi che tutti i fossili noti siano stati attribuiti correttamente a questa specie.
L' Homo habilis coesisteva con altri bipedi primati - come il Paranthropus boisei - alcuni dei quali prosperarono per millenni. Tuttavia l' H. habilis, forse a causa dell'utilizzo di utensili e per la sua dieta meno specializzata, divenne il precursore di un'intera linea di nuove specie, mentre il Pranthropus boisei e le specie correlate scomparvero.
La classificazione dell' H. habilis nel genere Homo è tuttora controversa. Come l'Homo rudolfensis, l'H. habilis mancava molte caratteristiche tipiche degli ominidi più evoluti, come le ossa delle anche più strette per camminare per lunghe distanze, un sistema di sudorazione più sofisticato, un canale del parto più stretto, e gambe più lunghe delle braccia.

sabato 25 aprile 2009

Homo Erectus

L'Homo erectus è una specie di ominidi estinta appartenente al genere Homo.
La sua scoperta risale al 1891, quando nel giacimento di Trinil dell'isola di Giava Eugène Dubois rinvenne una calotta cranica, insieme ad un molare e un femore. Dalle conoscenze fino ad allora accumulate egli desunse che si trattasse di un uomo scimmia, per cui gli diede il nome di Pithecanthropus erectus. Oggi noi sappiamo tuttavia che l'Homo erectus, come è stato poi ribattezzato, era un ominide più evoluto rispetto al genere Australopithecus. Circa 1 - 1,5 milioni di anni fa si stabilì in Asia. La capacità cranica di questa specie è di poco superiore a quella dell'Homo ergaster, cioè varia dagli 813 cc e i 1059 cc.
I manufatti prodotti dagli Homo erectus sono molto semplici: sembra che non conoscessero la tecnica acheuleana, come è emerso anche dai ritrovamenti fatti in Cina, dove tra i numerosi manufatti litici emersi non vi è presenza di bifacciali. Nel 2000 sono emersi una serie di fossili litici nella Cina meridionale, datati tra i 700.000 e gli 800.000 anni fa, che i due scopritori, Huang Weiwen e Rick Potts, propongono di assegnare al modo tecnico acheuleano (pur non essendo bifacciali). Tra le cause di questa mancata evoluzione tecnica vi può essere un impedimento oggettivo, come la mancanza di materiale utile per la costruzione di questi attrezzi o l'impossibilità della trasmissione di questa conoscenza da una generazione all'altra per un motivo a noi sconosciuto.
Un'altra tesi più accattivante è che la colonizzazione dell'Asia sia antecedente alla scoperta delle asce a mano avvenuta in Africa e che i colonizzatori siano rimasti isolati dai loro cugini africani. Negli ultimi anni sono stati fatti degli importanti ritrovamenti che confermano tale ipotesi, anticipando di alcune centinaia di migliaia di anni la colonizzazione dell'Asia. Il più importante è un teschio ritrovato nel 2001 a Dmanisi in Georgia, risalente a 1,8 milioni di anni fa. Con un volume di 600 cc. è il fossile più antico ritrovato fuori dall'Africa; i suoi tratti somatici sembrano essere comuni a quelli degli Homo ergaster africani. Altri fossili sono stati trovati in Cina e a Giava, alcuni dei quali molto antichi, come un cranio infantile senza faccia, risalente a 1,8 milioni di anni e alcuni resti incompleti e deformati, provenienti dall'area di Sangiran, di 1,6 milioni di anni.
OH 9, "Chellean men". Scoperto da Louis Leakey nel 1960 nella Gola di Olduvai in Tanzania. l'età stimata è di 1.4 milioni di anni. Esso consiste in parte della scatola cranica con grossa cresta frontale (?) ed un cervello di 1065 cc.
OH 12, "Pinhead". Scoperto da Margaret Cropper nel 1962 nella Gola di Olduvai in Tanzania. Esso è simile a OH 9 ma è più completo e piccolo, con una scatola cranica di soli 750 cc. La sua età e compresa tra i 600 mila e gli 800 mila anni.

Homo neanderthalensis


Il periodo detto paleolitico medio, compreso tra i - 200 000 anni e i - 40 000 anni anni fa, vide l’ascesa e l'inizio del declino dell'Homo neanderthalensis (Uomo di Neandertal o, nei testi meno recenti Uomo di Neanderthal). Convissuto nell'ultimo periodo della sua esistenza con Homo sapiens, la sua scomparsa, in un tempo relativamente breve, è un enigma scientifico oggi attivamente studiato.Documentata fra - 130 000 anni (per le forme arcaiche) e - 25 /- 30 000 anni anni fa in Europa, Africa e Asia, questa specie si è presumibilmente evoluta dall'Homo heidelbergensis.
I resti che diedero il nome alla specie furono scoperti da Johann Fuhlrott nel 1856 in una grotta di Feldhofer nella valle di Neander in Germania, che prende il nome dalla traduzione in greco antico del cognome dell'organista e pastore Joachim Neumann, a cui i suoi concittadini di Düsserdolf intitolarono la piccola valle.

Sintesi dell'aspetto esteriore .

Rimandando più sotto ai dettagli, l'aspetto fisico esteriore dei neandertaliani classici è quello di un uomo di altezza media di 1,60 m perfettamente eretto e muscolarmente molto robusto; la testa è allungata antero-posteriormente, e ha un volume cerebrale di 1500 ml in media, del 10% superiore agli uomini attuali. Ha uno spiccato prognatismo e spesso il mento sfuggente, sempre negli individui classici. Col tempo, in alcune zone e verso la fine del paleolitico si diffonde un tipo più gracile, e con un mento osseo più pronunciato, mentre gli zigomi sono molto meno accentuati che nell'uomo e le arcate sopraccigliari al contrario più sporgenti. Una tesi esposta nel 2006 e confermata nel 2007[2] è basata su ricerche avanzate con tecniche di biologia molecolare e ipotizza che la specie, in Europa, abbia sviluppato individui di carnagione bianca con capelli rossi: il tipo di pigmentazione è in accordo con la scarsa irradiazione ultravioletta del territorio colonizzato.[3] Nonostante ciò, si è evidenziato come la variabilità genetica della popolazione neandertaliana[4][5] suggerisca comunque che il fenotipo di questa specie fu variabile, come lo è attualmente l'intera gamma di sfumature nella nostra specie.Recenti studi basati sull'analisi di alcune sequenze geniche di mtDNA, suggeriscono che, senza arrivar a parlare di sottospecie, vi fu sicuramente una suddivisione in tre (o forse quattro ma il metodo non riesce a chiarire quest'ipotesi) diversi grandi gruppi di popolazioni[6]. La reale esistenza dei gruppi, sud europeo (sud iberico, subalpino, balcanico), centro-est europeo (dalla zona nord iberica fino al mar Caspio) e medio-asiatico (fino ai confini orientali Kazaki), era stata precedentemente frequentemente messa in discussione sulla base dei soli reperti fossili.

L'uomo di Neandertal inizia ad evolvere in un contesto culturale Acheuleano superiore, dove i manufatti bifacciali cambiano forma, migliorano la punta e diminuiscono di spessore.

Punta Musteriana
Nell'industria litica compare la nuova tecnica di scheggiatura Levalloisiana (da Levallois, alla periferia di Parigi). Da un nucleo litico iniziale, sgrossato fino a portarlo ad una forma biconvessa, lateralmente su di una faccia si staccano parallelamente ad un piano di base schegge di forma regolare. Questa tecnica evolve, e le forme chiamate amigdale (a mo' di mandorla) dell'Acheuleano scompaiono, anche se a sud del Sahara continuerà fino al 50 000 a.C. circa.In Europa, territorio principale del Neandertal si parla di cultura Musteriana, da ritrovamenti a Le Moustier, in Dordogna. Abbiamo punte triangolari, raschiatoi (per la preparazione delle pelli) molto rifiniti, col bordo tagliente finemente ritoccato. Il Musteriano si articola in diverse culture, geografiche e cronologiche (Musteriano Achuleano, Musteriano tipico, Denticolato, Musteriano Pontiniano nel Lazio, etc). Le culture litiche che poi evolveranno, Castelperroniano Aurignaziano e molto dubbiosamente Gravettiano condivise sicuramente dai sapiens sono tuttora allo studio per la sicura eventuale attribuzione ai neandertal.
In sintesi generalizzando possiamo dire che la cultura neandertaliana dominante fu il Musteriano, e che il limite convenzionale (attuale) superiore si situa tra il castelperroniano e l'AurignazianoMolto diffuso l'utilizzo delle pelli, anche per la costruzione di ripari estivi all'aperto, contrapponendosi alla pratica troglodita invernale. Si ritrovano strutture di pietre o di ossa atte ad assicurare i bordi delle pelli al suolo.Abbondanti tracce di ocra rossa fanno pensare ad usi rituali e religiosi. Anche in tale ottica si evidenzia l'inumazione come pratica diffusa, in fosse di forma ovale, con corredi funerari (cibo, corna e strumenti litici), spesso ricoperte da lastroni per sottrarre i corpi alle fiere, deposizioni di fiori (studi sui pollini in ritrovamenti in Asia Minore). Il fuoco, in cerchi di contenimento di pietre é largamente utilizzato.

il flauto
Forse, e gli studi sono attuali, con i Neanderthalensis abbiamo il primo esempio di strumento musicale non percussivo ma intonato (in dettaglio con quattro note compatibili[7] con la naturale scala diatonica greca), dal ritrovamento di un frammento di flauto in osso nell'attuale Slovenia. Inizia anche l'arte figurativa, in senso stretto, considerata prerogativa di sapiens sapiens ma dalla stratigrafia recentemente attribuita anche ai Neanderthalensis.I recenti progressi molecolari nello studio delle popolazioni neandertaliane, e la loro localizzazione geografica, uniti a quelli sull'industria litica e degli altri manufatti, permetteranno in futuro di chiarire meglio i rapporti tra le diverse culture e la loro evoluzione nello spazio e nel tempo.

L'uomo di Neandertal è un genere strettamente connesso al territorio europeo, poi emigrato sulla via del medio oriente, sugli attuali territori di Iraq, Siria e d'Israele, con pochi individui fino in Asia centrale (Uzbekistan) e in Siberia.
L’evoluzione che ha condotto alla comparsa dell'Homo neanderthalensis, o «neandertalizzazione», è stata lenta e progressiva, da gruppi europei isolati (Homo erectus, Homo georgicus, Homo antecessor). Può essere seguita partendo dai pre-Neandertaliani e a seguire fino ai Neandertaliani recenti.
I pre-Neandertaliani antichi
La prima tappa corrisponde a fossili generalmente attribuiti a Homo heidelbergensis , possibile antenato, secondo alcune teorie anche dei sapiens moderni : é il caso dell’Uomo di Tautavel (- 400 000 anni), rinvenuto a Corbières in Francia, della mandibola di Mauer (- 600 000 anni), trovato vicino a Heidelberg in Germania, o del cranio di Petralona (Grecia).
I pre-Neandertaliani recenti
La prima tappa corrisponde ai fossili di Swanscombe (Inghilterra), di Steinheim (Germania) o della Sima de los Huesos à Atapuerca (Spagna).

Cartina di distribuzione dei principali neandertaliani classici
I Neandertaliani antichi
I successivi fossili con tratti innegabilmente Neandertaliani hanno un'età compresa tra i - 250 000 e - 110 000 anni. Si può citare il cranio Biache-Saint-Vaast (Pas-de-Calais), i resti de la Chaise (Charente), la mandibole di Montmaurin (Alta-Garonna), i crani italiani di Saccopastore Lazio o l'abbondante materiale di Krapina in Croazia.
I Neandertaliani classici
I Neandertaliani tipici, con caratteri derivativi più marcati hanno un'età compresa tra - 100 000 anni e - 28 000 anni, data degli ultimi rinvenimenti fossili, e presumibilmente della loro sparizione.

Cranio d'Homo neanderthalensis di La Ferrassie
Inoltre, oltre ai fossili di Neandertal stesso (circa - 42 000 anni), si ricordano gli scheletri di La Chapelle-aux-Saints, di Moustier, di La Ferrassie, di La Quina, di Saint-Césaire nel sud-ovest della Francia o della Spy in Belgio.
Gli ultimi Neandertaliani noti son stati rinvenuti in Portogallo, in Spagna (Zafarraya, -30 000 anni[10],[11]), in Croazia (Vindija, - 32 000 anni[12],[13]) e nel nord-ovest del Caucaso (Mezmaiskaya, - 29 000 anni). Come già visto queste date son da considerare con precauzione, e son spesso controverse.
Alcune ricerche condotte dal 1999 al 2005 sulla grotta di Gorham a Gibilterra suggeriscono che i Neandertaliani le hanno abitate dai - 28 000 - 24 000 anni [14],[15]. Dunque una lunga coabitazione con Homo sapiens, geograficamente presente dai - 32 000 anni. Joao Zilhao, dell'università di Bristol critica fermamente questi ultimi risultati.

resti rinvenuti da Johann Fuhlrott nel 1856 della valle di Neander consistevano nella parte superiore del cranio, alcune ossa, parte dell’osso pelvico, alcune costole, e ossa del braccio e della spalla.

il cranio de la Chapelle aux saints
In precedenza erano stati scoperti altri fossili, infatti già nel 1829 nel Belgio venne trovato parte di un cranio di un bambino di due anni e mezzo. Questi, però, venne riconosciuto come arcaico soltanto nel 1836. Nel 1848 a Gibilterra venne trovato un cranio adulto, ma la sua esistenza rimase sconosciuta fino al 1864, quando venne riconosciuto come appartenente agli uomini di Neandertal.
Altri due scheletri di Homo neanderthalensis, risalenti ad almeno 60 000 anni, vennero trovati in Belgio nel 1886 da Marcel de Puydt e Max Lohest. Altri rinvenimenti importanti vennero fatti in Croazia nel 1899 da Dragutin Gorjanovic-Kramberger e nel 1908 in Francia a La-Chapelle-aux-Saints da Jean Bouyssonie che rinvenne lo scheletro di un uomo anziano, risalente a 50 000 anni, in possesso di un cranio di 1620 centimetri cubi.
Nel 1912 a Piltdown, nel Sussex viene scoperto un cranio apparentemente rivoluzionario, pre-Neandertal, con caratteristiche uniche, che avrebbe cambiato la storia dell' evoluzione umana. Solo nel 1953 con la datazione tramite il dosaggio del fluoro si scoprì essere un abile falso, ibrido composto da ossa umane e di scimmie, abilmente limate e colorate.
Nel 1939 venne rinvenuto nella grotta Guattari a San Felice Circeo, un cranio presumibilmente appartenente a Homo neanderthalensis.
Nel secondo dopo guerra emersero ancora altri resti importanti, tra il 1953 e il 1960 nella grotta di Shanidar in Iraq vennero scoperti 9 scheletri di uomini di Neandertal, risalenti ad un periodo compreso tra i 70 e i 40 mila anni fa, e nel 1979 nel villaggio di Saint-Césaire in Francia uno scheletro completo risalente a 35 000 anni fa.
Ricordiamo nel 1868 a Cro-Magnon in Francia vennero trovati da alcuni operai i resti di un uomo risalenti a 28 000 anni fa, era venuto alla luce uno dei più antichi progenitori della nostra specie (Homo sapiens). Era un rappresentante della nostra specie umana, che proveniente dall’Africa o dall'Asia, migrando stava insediandosi in Europa, confinando verso la penisola iberica gli ultimi Neandertal.

Resti neandertaliani rivenuti in territorio italiano [modifica]
Non sono troppo numerosi i resti portati alla luce in Italia, rispetto all'Europa continentale, comunque molti degni di nota. Dobbiamo distinguere in ogni caso tra ritrovamenti di fossili (rari) e ritrovamenti di tracce e manufatti, non sempre univocamente associati. Nel secondo caso, alcuni sono in discussione. Infatti alcune culture furono condivise con altri appartenenti al genere Homo. Per i siti con solo reperti litici rimandiamo alle sezioni di Paleolitico. Elenchiamo le regioni e i siti di ritrovamento comprendenti anche reperti fossili più o meno attribuiti.

Quella che segue è una lista di tratti fisici che distinguono i Neanderthal dagli esseri umani moderni; comunque, non tutti possono essere utilizzati per distinguere specifiche popolazioni di Neanderthal, provenienti da varie aree geografiche o periodi di evoluzione, da altre specie di uomini estinte. Inoltre, molti di questi tratti si manifestano occasionalmente negli uomini moderni, specialmente tra certi gruppi etnici. Non si sa ancora nulla riguardo al colore della pelle, o alla forma di parti morbide come gli occhi, le orecchie e le labbra dei Neanderthal, se non per modellistica. Comparati ai moderni esseri umani i Neanderthal erano di costituzione più robusta e avevano caratteri morfologici distintivi, specie per quanto riguarda il cranio, che gradualmente accumulava più aspetti derivati (in senso cladistico), specialmente in regioni geografiche relativamente isolate. Anche qui è da notare che le popolazioni anatomicamente moderne del paleolitico medio (vicino oriente come a Skul e Qafzeh), erano ugualmente massicce. Si pensa che la loro statura relativamente alta ma robusta sia un adattamento al clima freddo dell'Europa durante il Pleistocene, (legge di Allen) anche se in realtà questi tratti paiono già presenti in periodi caldi.La seguente tabella è una sintesi, con integrazioni, della review su Sc.American di E.Trinkaus & W.W.Howells sul Neandertal.

Nulla si può dire di certo del vero aspetto di questo ominide ricostruendolo dai suoi resti fossili. Storicamente è stato rappresentato come lo stereotipo dell'uomo cavernicolo, tale ricostruzione ripete ne più ne meno la figura dell'uomo selvatico presente nella tradizione popolare europea e raffigurata sin dal Medioevo. In particolare sembra improbabile che il Neanderthal avesse barba e capelli lunghi del tipo dell'uomo europeo moderno. Inoltre al Neanderthal mancava la tecnologia per cucire le pelli per realizzare vestiti, per questo motivo era completamente nudo come un animale. Secondo alcuni studiosi poteva essere di aspetto scimmiesco [28], dotato di un fitto villo pilifero distribuito su tutta la superficie del corpo che lo proteggeva dal clima freddo europeo.
Forse l'unica immagine del Neanderthal che ci rimane, è una rappresentazione preistorica nella caverna di Isturits sui bassi Pirenei francesi, frequentata da 80 000 a 10 000 anni fa prima dai Neanderthal e poi dai Cromagnon. Vi compare la rappresentazione di una testa-trofeo di un essere antropomorfo con la testa simile ad quella di un bradipo o di un giovane di nasica : testa ovale senza fronte e mento, collo grosso, occhi a mandorla infossati sotto grandi arcate frontali, con un grosso naso porcino con le narici espose sul davanti, orecchie piccole, con capelli corti a spazzola e dritti a cresta sulla testa che proseguivano sulla schiena in una sorta di criniera equina, e peli fitti simili su quasi tutta la faccia e collo simili al manto di un cervo.
Nel corso della seconda metà del XX secolo si è assai dibattuto in ambito accademico se l'uomo di Neandertal sia da considerare una sottospecie estinta di Homo sapiens (denominata Homo sapiens neanderthalensis), con la conseguente possibilità di incrocio e ibridazione tra i due, oppure se sia una specie autonoma (Homo neanderthalensis). Comunque sia, i due gruppi convissero per migliaia di anni in Europa ed Asia Minore. Recenti risultati di indagini genetiche, eseguite su DNA fossile recuperato su alcuni resti di uomo di Neanderthal, sembrano indicare che i due tipi umani parzialmente contemporanei apparterrebbero a due diverse specie.
Il biologo molecolare svedese Svante Paabo ha testato almeno 70 campioni provenienti da Neandertaliani prima di trovarne uno sufficiente per le analisi del DNA. inizialmente sequenze da ossa di 38 000 anni provenienti dal sito Croato di Vindija mostrano una condivisione del 99.5% del DNA con sapiens. i due appartenenti al genere Homo da ciò divergerebbero da circa 500 000 anni. Un articolo sulla rivista Nature stima la divergenza a 516 000 anni, dove le prove paleontologiche, sufficientemente concordi, mostrano un periodo di 400 000 anni. Svante Paabo ha proposto un progetto per la ricostruzione totale del patrimonio genetico di Homo neanderthalensis. Edward Rubin del Lawrence Berkeley National Laboratory di Berkeley, California dimostra che il genoma dei Neanderthal è simile al nostro dal 99.5 al 99.9 percento.[30][31]
Nel novembre 2006, un nuovo articolo viene pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences, dove si ripropone, a cura di un gruppo di ricerca europeo, il tema dell'ibridazione [32]. Contemporaneamente il 16 November 2006 Science Daily pubblica la tesi opposta, a cura dell' U.S. Department of Energy’s Lawrence Berkeley National Laboratory (Berkeley Lab) e dell' Joint Genome Institute (JGI): non vi sono evidenze di incroci tra i due gruppi umani, e la sovrapposizione genetica non supera il 99.5%. Edward Rubin, direttore di entrambi gli istituti (JGI e Berkeley Lab’s Genomics Division) conclude:“While unable to definitively conclude that interbreeding between the two species of humans did not occur, analysis of the nuclear DNA from the Neanderthal suggests the low likelihood of it having occurred at any appreciable level”.
La più accurata analisi molecolare condivisa, attualmente confermata stima che H. sapiens e H. Neanderthal si separarono da non più di 800 000 anni, e non vi sono ancora evidenze accettate dalla maggioranza della comunità scientifica su un eventuale ricongiungimento.
Si dibatte lungamente sugli ultimi rappresentanti noti dei nostri parenti più prossimi. Quest'argomento, assieme al mistero della scomparsa della popolazione neadertaliana, è forse uno dei più controversi della scienza paleoantropologica ed il più soggetto ad evoluzione. Le datazioni di Fred Smith ed Erik Trinkaus, (Northern Illinois University e Washington University rispettivamente), da scavi di Vindija (Croazia) tramite spettrometria di massa portano a 28 000 anni i reperti più recenti, con articoli pubblicati a cavallo del 2000. Nuove datazioni ricollocano indietro [34] a 32 000 anni i reperti. Vengono scoperti altri fossili recenti sulle coste atlantiche del Portogallo, e si riscontrano evoluzioni morfologiche verso una maggiore modernità. Contemporaneamente viene messa in discussione l'associazione di alcune culture litiche (Aurignaziano, Musteriano) ai vari Homo.
Si dibatte anche sulla completa scomparsa della popolazione, non perfettamente spiegabile sulla base delle sole caratteristiche fisiche degli individui. Si trattava di una specie lungamente adattata all'ambiente colonizzato, con un volume cranico pari o superiore ai sapiens attuali, e di cultura tecnica almeno inizialmente sovrapponibile nelle due popolazioni. Le prime ipotesi teorizzate parlano di lenta ibridazione con Sapiens moderni, eliminazione fisica (genocidio), competizione, o selezione sessuale. La difficoltà ad analizzare lo scarso materiale genetico sopravvissuto completa il quadro[35]. Certamente la lunga coesistenza di uomo di Neandertal e uomo moderno pongono sul tavolo della discussione molti problemi irrisolti, e l'argomento è in costante riscrittura.
Nel 2005 sul Journal of Economic Behaviour and Organization Jason Shogren, economista dell'Università del Wyoming di Laramie, pubblica un articolo con i suoi collaboratori in cui avanza una teoria sulla scomparsa dell'uomo di Neandertal[36]. Lo studioso avanza l'ipotesi che H. neanderthalensis si sia dovuto scontrare con la particolare cultura dell'H. sapiens: questa cultura si basava su tecniche avanzate di commercio, cosa che portava più tempo libero rispetto ad una cultura basata sulla caccia. Il tempo libero ottenuto avrebbe permesso lo sviluppo di specializzazioni non strettamente legate alla sussistenza, come costruire utensili sempre più complessi o dedicarsi all'arte. La complessità e la versatilità di una tale cultura avrebbe avuto esito fatale per la più "tradizionale" cultura dei Neandertal.
Stephen Kuhn e Mary Stimer dell'università dell'Arizona, sulla rivista Current Anthropology, propongono, documentandola, le tesi per cui principale causa di estinzione fu la mancata suddivisione dei lavori tra i sessi. I più organizzati sapiens, più efficientemente, poterono competere affidando alle donne compiti stanziali, e meno gravosi, affidando ai maschi i ruoli di cacciatori ed approvvigionatori di materiali. La prole, protetta e anch'essa stanziale, avrebbe avuto più possibilità di sopravvivenza.

Homo heidelbergensis

Il nome Homo heidelbergensis è attribuito a ritrovamenti umani fossili precedentemente chiamati Homo sapiens arcaici, con particolare riferimento a quelli trovati presso Heidelberg, nel Baden-Württemberg, Germania, sulle rive del fiume Neckar. Resti di H. heidelbergensis sono stati trovati in Africa, Europa ed Asia
Il consolidamento di questo nome per indicare determinati ominidi è avvenuto anche grazie ad Eudald Carbonell dell'Università di Tarragona che, insieme ad i suoi collaboratori, ha studiato i reperti trovati nel 1992 nella grotta di Gran Dolina, situata nelle colline di Atapuerca (Spagna settentrionale). Nel 1994, infatti, una sua spedizione ha portato alla luce un gran numero di utensili di pietra molto semplici, troppo primitivi per essere attribuiti ad Homo sapiens.
Una prima tesi è che i resti di Atapuerca rappresentino il primo tentativo dell'Homo heidelbergensis di uscire dall'Africa, dove si hanno prove della sua presenza già 600 mila anni fa, e che quindi colonizzando l'Europa avrebbe fatto da progenitore all'Homo neanderthalensis, mentre in Africa si evolveva l'Homo sapiens. Questa tesi farebbe sì che l'H. heidelbergensis sia l'ultimo antenato comune fra noi e l'Uomo di Neandertal.
Altri studi condotti nel 2001 sul cranio completo di Atapuerca, insieme ai resti di altri trenta individui, attestano la possibilità che questi ominidi potessero parlare, sebbene a livelli molto elementari. Infatti l'apparato vocale trovato nei resti fossili risulta essere sì meno sviluppato rispetto all'Homo sapiens, ma sicuramente più complesso rispetto a quello degli scimpanzé.
Molti scienziati considerano appartenenti all'Homo heidelbergensis anche i due crani ritrovati fra il 1989 ed il 1990 a Yunxian, nella provincia cinese di Hubei, sebbene molti altri, compresi gli scopritori, tendono a considerarli resti di Homo erectus.
occidentale, datati fra i 600 mila ed i 100 mila anni.

Homo Sapiens

L'Homo sapiens è una specie cui appartengono le sottospecie:
Homo sapiens idaltu (paleosottospecie)
Homo sapiens sapiens (uomo moderno)
Sono state proposte nel corso del tempo come paleosottospecie di Homo sapiens:
Homo sapiens heidelbergensis = Homo heidelbergensis (uomo di Heidelberg)
Homo sapiens neanderthalensis = Homo neanderthalensis (uomo di Neandertal)

Era Glaciale

Una glaciazione è un lungo periodo (generalmente migliaia o milioni di anni) di generale abbassamento della temperatura del clima terrestre, che comporta una espansione delle calotte glaciali in direzione dell'equatore. In glaciologia, la scienza che studia i ghiacciai, con glaciazione si intende un periodo di tempo in cui i poli della Terra sono ricoperti da calotte glaciali; secondo questa definizione ci troviamo ancora oggi in un periodo di glaciazioni, in quanto la Groenlandia e l'Antartico sono ancora ricoperte dai ghiacci (in questo senso il termine è sinonimo di Era glaciale). Più comunemente, quando si parla degli ultimi milioni di anni della Terra, con glaciazioni ci si riferisce a periodi particolarmente freddi (periodi glaciali particolarmente freddi) durante i quali le calotte polari si sono estese fino a ricoprire gran parte dell'Europa e del Nord America. In questo senso l'ultima glaciazione è finita circa 10.000 anni fa. Questo articolo userà il termine glaciazione nel senso glaciologico del termine, mentre con periodo glaciale ci si riferirà ai periodi più freddi di una glaciazione e con periodo interglaciale ai periodi più caldi.
Durante gli ultimi milioni di anni ci sono stati molti periodi glaciali. I periodi più antichi hanno avuto una durata di 40.000 anni, i più recenti di 100.000 anni. Questi ultimi sono i più studiati. Ci sono state cinque principali glaciazioni nella storia della Terra.
L'idea che nel passato i ghiacciai fossero stati di dimensioni molto superiori a quelle attuali era già presente nella cultura popolare di alcune regioni alpine dell'Europa. Secondo Imbrie e Imbrie (1979) un boscaiolo di nome Jean-Pierre Perraudin[1] raccontò a Jean de Charpentier di come in passato il ghiacciaio svizzero Grimsel fosse più esteso. Tra il 1825 e il 1833, Charpentier raccolse delle prove in favore di questa teoria. Sempre in questo periodo, anche Ignaz Venetz, interrogandosi sull'origine dei massi erratici, concluse che solo i ghiacciai che si trovavano sulle vette più alte potevano averli spostati. In generale, quindi, il concetto di glaciazione non è attribuibile a una sola persona. Nel 1836 Charpentier, Venetz and Karl Friedrich Schimpere riuscirono a convincere Louis Agassiz della veridicità della loro teoria. Agassiz pubblicò quindi nel 1840 la teoria delle glaciazioni nel suo libro Étude sur les glaciers (Studio sui ghiacciai).[2]
In questa prima fase dello studio dei ghiacciai, ciò che veniva effettivamente studiato erano i periodi glaciali delle ultime centinaia di migliaia di anni, verificatisi quindi, durante l'ultima glaciazione. L'esistenza di antiche glaciazioni era ancora ignota.
Sono esistite almeno cinque glaciazioni nella storia della Terra ma solo quattro sono le principali. La glaciazione più antica si crede abbia avuto luogo tra 2,7 e 2,3 miliardi di anni fa all'inizio dell'eone Proterozoico.
La glaciazione più antica di cui si sia raccolta una buona quantità di documentazione, invece, è datata tra gli 800 e i 600 milioni di anni fa (periodo Cryogeniano). Probabilmente fu la glaciazione più importante dell'ultimo miliardo di anni. Molti suggeriscono che in quel periodo le acque del mare si ghiacciarono fino all'equatore o in prossimità di esso.
Una glaciazione minore si ebbe tra i 460 e i 430 milioni di anni fa, durante l'ultima parte del periodo Ordoviciano. Si è registrata una presenza di calotte polari ad intervalli tra i 350 e i 260 milioni di anni fa, durante i periodi del Carbonifero e del Permiano.
L'attuale glaciazione iniziò 40 milioni di anni fa con la crescita della calotta glaciale sull'Antartico, e si intensificò nel Pleistocene, circa 3 milioni di anni fa, con l'espansione della calotta glaciale nell'emisfero settentrionale. Da allora, vi sono stati dei periodi di glaciazione della durata di 40.000 e 100.000 anni, durante i quali le calotte si sono estese e ritirate ciclicamente. L'ultimo periodo glaciale è terminato circa 10.000 anni fa. La tradizione suole però chiamare "piccola glaciazione" il clima freddo che caratterizzò l'Europa del XVII secolo.
Le cause che portano il clima terrestre a entrare e uscire ciclicamente da una glaciazione sono ancora controverse. Vi è tuttavia un consenso generale nell'indicare tre fattori come determinanti per il verificarsi di questo processo: la composizione dell'atmosfera (in particolare la quantità di biossido di carbonio (CO2) e metano (CH4)), i cambiamenti dell'orbita terrestre intorno al Sole e dell'orbita del Sole intorno la Via Lattea; la disposizione dei continenti sulla superficie terrestre.
Il primo di questi tre fattori è probabilmente il più influente, e giocò un ruolo fondamentale soprattutto nella prima glaciazione, la più rigida di tutte.
La presenza di terre all'interno dei circoli polari artico e antartico appare necessaria per lo sviluppo di una glaciazione, probabilmente perché le terre emerse forniscono uno spazio sul quale la neve e il ghiaccio si possono accumulare durante i periodi freddi.
L'orbita della Terra non ha una grande importanza come fattore scatenante di una glaciazione, ma sembra influenzare molto il susseguirsi dei periodi glaciali e interglaciali all'interno dell'attuale glaciazione.
Un'altra causa è data dal numero delle macchie solari, il cui numero influenza la temperatura terrestre.
L'interruzione del ciclo della Corrente del Golfo è un'altra motivazione, la quale rappresenta la pompa climatica dell'ecosistema. Proprio sotto la Groenlandia avviene il raffreddamento delle acque trasportate dalla corrente, che si immergono fino alle più remote profondità del mare per ripercorrere all'inverso il percorso. Prima dell'ultima era glaciale avvenne che la temperatura della terra, come riscontrato in questi nostri anni, salì, provocando lo scioglimento dei ghiacci. Il calore provoca sul ghiaccio delle "pozze" d'acqua stagnata, che a sua volta assorbe maggiormente calore. Questo successe in Groenlandia che a quel tempo era interamente ricoperta dal ghiaccio caratterizzato però da acqua dolce. In un processo lungo centinaia di anni, diventò come un immenso lago fino a che "l'argine" che vedeva proprio sulla parte dove la Corrente del Golfo inverte il ciclo, cedette, riversando enormi quantità di acqua dolce nell'oceano. Questo fece sì che in ciclo della corrente si interrompesse, facendo così precipitare la temperatura della Terra a livelli glaciali.

giovedì 23 aprile 2009

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