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giovedì 6 giugno 2013

Sono tornato!

Salve ragazzi, è dall'estate del 2009 che manco! E tutto perchè avevo perso la password!!! 4 anni, ma finalmente ho ripreso possesso del mio amato blog!!!

lunedì 22 giugno 2009

L'era glaciale


E' l'era glaciale ritenuta dai bambini la cosa piu bella che puo succedere
ma per noi grandi no:perche per il freddo anzi il gelo di quell'era la
maggior parte della specie umana non sarebbe arrivata a noi;i bambini si chiederanno
come ha fatto l'uomo dell'era glaciale a resistere a quel gelo? voi si avete capito
sto parlando dell'uoma della preistoria in particolare la razza homo sapiens
(homo neandertal e heidelberghensis).La razza homo sapiens aveva per fortuna
le ossa adatte al freddo,e sapete perche ho detto per fortuna?perche se dalla
scimmia fino a noi non facessero figli o fossero morti tutti di Homo
non sene sarebbe sentito parlare anzi ma che dico di Ominidi non se ne sarebbe
sentito parlare e se è per questo manco di me o di te chiunque tu fossi.

lunedì 8 giugno 2009

Il ringraziamento a madrness

Io voglio ringraziare il blog http://www.madrness.blogspot.com/ per aver messo nel suo blog 1 cosa che non deve interessare a lui ma a me.
Grazie http://www.madrness.blogspot.com/

lunedì 1 giugno 2009

l'arte preistorica

Qualche tempo fa,mentre alquni studiosi esaminavano la caverna Hohle Fels,in Germania,tre piccoli oggetti attirarono la loro attenzione.
Erano a forma di cavallo,di un uccello e di una forma che rappresentava una creatura mezza leone e mezza uomo.
Questi risalivano a 30.000  anni fa:quindi creati dall'homo di cro-magnon(homo sapiens sapiens).

domenica 31 maggio 2009

primi successi di noi delle glaciazioni

cerca su google "homo sapiens scoperte"
su 17600 siti, ci trovi al secondo posto
saluti glaciali a tutti




domenica 24 maggio 2009

MAMMUT

sabato 23 maggio 2009

scoperte homo sapiens

STORIA di PANTALICA
Età Paleolitica

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Homo Sapiens nel Paleolitico

Come è stato indicato in precedenza il periodo glaciale di Würm è caratterizzato da due stadi freddi separati da una lunga fase più temperata (che si protrae tra 50.000 e 25.000 anni fa), durante la prima parte del quale l’uomo di Neanderthal scomparve prograssivamente dall’Europa fino ad estinguersi e ad essere sostituito dall’uomo Sapiens moderno.

L’Homo Sapiens sapiens infatti è comparso in Europa per migrazione da territori diversi del Vicino Oriente o dalle coste settentrionali dell'Africa.

migrazioni di homo sapiens dall'Africa



Il nuovo tipo umano si diffonde in tutti i continenti, anche in Australia e nelle Americhe; rispetto alle forme precedenti si differenzia per il cranio alto, l’assenza del toro sopraorbitario, la fronte diritta, la faccia piatta, il mento prominente, l’occipitale arrotondato, la statura più alta e una diversa proporzione tra gli arti. Come prototipo di questo nuovo tipo umano è stato considerato l’individuo "anziano", di circa 50 anni d’età, rinvenuto nel 1868 nel riparo di Cro-Magnon in Dordogna (Francia), che ha dato il nome ai resti più antichi di Homo Sapiens sapiens.



Le innovazioni comportamentali dell’uomo moderno investono tutte le sfere della sua attività quotidiana e spirituale. Tali comportamenti, che solo in pochi casi erano già attestati nell’uomo di Neanderthal, sembrano avere origine dalle nuove e più complesse facoltà cerebrali dell’Homo Sapiens sapiens, che consentirono lo sviluppo del linguaggio articolato e di capacità simboliche e cognitive.

tecnologia e arte preistorica

Con l’uomo moderno il processo di encefalizzazione giunge al suo culmine e il nostro cervello raggiunge un volume compreso in media tra 1.500 e 1.600 cc. Si tratta di un organo dalle dimensioni notevoli in relazione alle dimensioni corporee complessive e che necessita di un apporto energetico altrettanto ragguardevole. L’ampliamento delle capacità intellettive non dipende naturalmente solo dal volume metrico del cervello, ma anche dai suoi processi di riorganizzazione interna. L’espansione del volume inoltre non è uniforme, ma interessa alcune aree particolari come ad esempio quella destinata alle capacità associative e linguistiche. La particolare architettura cranica dell’Homo sapiens arcaico e dell’Homo sapiens moderno può aver consentito lo sviluppo della parte frontale del cervello destinata all’elaborazione di tali capacità.

Una volta che il linguaggio e le capacità cognitive simboliche sono entrate a fare parte dell’universo umano ne deriva una conseguenza di portata incalcolabile: la possibilità di trasmissione per via non genetica del patrimonio di conoscenze, di capacità tecniche, di modi di vita e di sapere rituale da una generazione all’altra. Tale trasmissione non biologica delle capacità acquisite risulta così il punto di partenza dell’evoluzione culturale.

Nessun mutamento di carattere biologico ed anatomico ci differenzia dall’Homo Sapiens sapiens di 40.000-35.000 anni fa. È superfluo sottolineare quanto comportamenti, modi di organizzazione sociale e abitudini di vita si siano succeduti e modificati nell’arco di tempo che ci divide dalle fasi più antiche del Paleolitico superiore e come queste modificazioni siano la conseguenza dell’evoluzione culturale che ha segnato la nostra storia, ma che potrà subire anche dei nuovi cambiamenti nel corso del suo sviluppo futuro.



Paleolitico superiore europeo

I complessi del Paleolitico superiore europeo si sviluppano nella parte recente dell’interstadio würmiano, nel II Pleniglaciale e nel Tardiglaciale, lungo un arco cronologico compreso tra 35.000 e 10.000 anni circa da oggi. L’Aurignaziano è, come abbiamo visto, il primo complesso europeo espressione dell’Homo sapiens sapiens che, affermatosi in vario modo tra 39/38.000 e 33.000 anni fa, termina attorno a 26.000 anni dal presente.

Ad esso segue in tutta Europa il Gravettiano, che si afferma durante il II Pleniglaciale fino alla fase fredda caratterizzata dall’acme glaciale attorno a 20.000 anni fa. L’abbassamento generale della temperatura determina un estensione delle grandi masse delle nevi e dei ghiacci presenti nelle catene montagnose europee che vanno a costituire così delle barriere naturali tra regioni vicine. I complessi che si affermano durante questa fase climatica subiscono, anche forse a conseguenza di ciò, una netta differenziazione culturale.

Nell’area occidentale atlantica si sviluppa dapprima il Solutreano, compreso tra 20.000 e 18.000 anni da oggi a cui segue il Maddaleniano, tra 18.000 e circa 11.000 anni fa; nella penisola iberica, italiana e balcanica e nell’Europa orientale le tradizioni gravettiane regionali persistono fino al Tardiglaciale würmiano, dando origine ai complessi epigravettiani. L’Epigravettiano italico è suddiviso in una fase antica, corrispondente all’ultima fase del Pleniglaciale (all’incirca tra 20.000 e 15.000 anni da oggi), e in due ulteriori fasi, un momento evoluto ed uno finale, che corrispondono al Tardiglaciale würmiano (tra 15.000 e 10.000 anni fa). La fine della glaciazione würmiana è fissata per convenzione a 10.000 anni da oggi, data che corrisponde in cronologia radiocarbonica calibrata a 8050 ± 150 anni a.C. Questo limite cronologico non solo segna la fine del Paleolitico superiore e il passaggio al successivo Mesolitico, ma coincide anche con il limite tra il Pleistocene e l’Olocene che si riferisce al momento in cui il ritiro della calotta glaciale consentì l’entrata dell’acqua salata del Mare del Nord nell’area del Baltico.

grotte scavate dall'Uomo nel Paleolitico

Ambiente e territorio durante il Paleolitico superiore nell’Italia

Durante la glaciazione di Würm, in conseguenza della regressione marina, la configurazione del territorio era ben diversa dall’attuale, e la possibilità di contatti e di scambi tra la penisola italiana e parte di quella balcanica era ben maggiori

Nell’Interpleniglaciale, fase calda dell’era glaciale che si estende tra 50.000 e 25.000 anni dal presente, le aree interessate dalla presenza dei ghiacciai erano un po’ più estese delle attuali, poiché nelle regioni montuose il limite delle nevi perenni era un centinaio di metri più basso di quello odierno. Le linee di costa si trovavano circa venti metri più in basso di quelle attuali. Il clima era generalmente freddo e arido, con dei momenti moderatamente più temperati e umidi.

Il II Pleniglaciale würmiano, tra 25.000 e 15.000 anni da oggi, segna un generale irrigidimento climatico che culminerà verso 20.000 anni fa con l’acme glaciale in cui i ghiacciai continentali dell’Europa settentrionale e i ghiacciai alpini raggiungeranno la massima espansione. La ritenzione di un’enorme massa d’acqua (regressione marina) determina un abbassamento generale dei mari di circa 120 metri al di sotto del livello odierno. A conseguenza di ciò, tutto l’Alto Adriatico emerse e la Pianura Padana si estese fino alle Alpi Giulie, al Carso, alle pendici dei rilievi istriani e alle Alpi Dinariche. A nord di questa grande pianura, la cui linea di costa più meridionale si estendeva tra Ancora e Zara, le Prealpi Venete, le Alpi Dolomitiche e Carniche e le Caravanche in Slovenia furono intensamente ricoperte dalle masse nevose perenni, mentre le Alpi Giulie e Dinariche, caratterizzate da rilievi meno elevati, non costituirono una barriera naturale tra le regioni balcaniche e quelle mediterranee.

Nel Pleniglaciale il clima, generalmente freddo e con tendenza a divenire sempre più continentale (con temperature medie estremamente rigide nel mese di gennaio e relativamente alte in luglio) e arido determina, attorno alle aree glacializzate, la formazione di un paesaggio di tundra e più a sud di steppe fredde e di steppe arborate. Nelle aree più lontane dalle masse dei ghiacciai prevale una foresta di conifere, mentre la foresta mista è confinata in ristrette aree di rifugio. Le influenze continentali-balcaniche dovettero essere particolarmente marcate nelle regioni alto adriatiche della penisola italiana come è confermato dalla presenza di mammiferi, quali il mammut, il bisonte e la lepre fischiante.

Il ritiro definitivo delle masse glaciali dalle regioni dell’Europa settentrionale in relazione a un lento, ma progressivo innalzamento della temperatura, segna l’inizio del Tardiglaciale würmiano. Durante il Tardiglaciale, che interessa un arco cronologico compreso tra 15.000 e 10.000 anni dal presente, vengono distinte delle fasi a clima freddo e arido (Dryas I-III) intervallate da momenti temperato-umidi (Pre-Bølling, Bølling e Allerød), nel corso dei quali la vegetazione, gli animali e quindi anche l’uomo si diffondono nuovamente in territori in cui in precedenza era impossibile accedere, come ad esempio nell’ambiente montano.

aree glaciali (in nero)





La vita quotidiana durante il Paleolitico superiore

Durante il Paleolitico superiore l’economia è ancora fortemente incentrata sulla caccia. La differenziazione ambientale che si verifica durante il II Pleniglaciale, tra 50.000 e 25.000 anni fa, determina una diversificazione dei modi sostentamento dei gruppi di cacciatori-raccoglitori in relazione alle diverse risorse disponibili. Nell’Europa occidentale la renna diviene la preda dominante, mentre nelle regioni mediterranee la composizione della fauna appare varia e differenziata in base alle specifiche caratteristiche ambientali.

Nella fase finale dell’Epigravettiano i mutamenti climatici determinati dalla fine dell’era glaciale consentirono la diffusione del bosco fino a quote prossime a quelle attuali. Tali nuove condizioni ambientali permisero alle bande di cacciatori che vivevano in pianura e nella fascia prealpina dell’Italia settentrionale di spingersi alla ricerca delle loro prede fino a quote sempre più elevate. Gli spostamenti avvenivano su base stagionale, passando dai campi invernali situati in grotte e ripari delle Prealpi o nelle grandi valli alpine, la Valle dell’Adige ad esempio, a insediamenti estivi situati nella media montagna, tra 1.000 e 1.600 metri di quota. Questi accampamenti estivi, posti all’aperto o sotto piccoli ripari di grandi massi, vicino a laghetti e pozze d’acqua, servivano alla caccia a cervi e stambecchi che migravano stagionalmente in senso altitudinale verso le praterie poste al di sopra del limite del bosco.

Le tecniche di caccia nella fase più antica del Paleolitico superiore erano probabilmente analoghe a quelle del Paleolitico medio; le armi più comunemente usate erano ancora lance, munite ora anche di punte di osso o di avorio. Nella fase più evoluta alle zagaglie si associano gli arponi, utilizzati anche nelle attività di pesca.

Durante questo periodo si perfezionano inoltre i sistemi di immanicatura delle armi da getto e si sviluppa la pratica, che verrà ampiamente adottata nel Mesolitico, di fissare elementi litici di piccole dimensioni in serie (armature) su un’asta di legno o di osso usata come arma da getto. Il Paleolitico superiore vede anche l’invenzione di un congegno atto a scagliare le lance con maggiore efficacia e potenza: questo nuovo strumento è il propulsore. Non è invece accertato l’uso dell’arco, anche se alcune rappresentazioni artistiche ne potrebbero suggerire la comparsa.

La raccolta e la pesca sono documentati nel territorio europeo fin dalla fase più antica del Paleolitico superiore, in particolare nelle regioni mediterranee, dove la raccolta di molluschi marini si intensifica nell’Epigravettiano finale, come è attestato dai cumuli di conchiglie (chiocciolai) presenti in numerose località situate in prossimità delle coste.

Durante il Paleolitico superiore l’insediamento tipo è prevalentemente in grotta o in ripari sotto roccia; nell’Europa centro-orientale sono invece noti numerosi accampamenti all’aperto. Nell‘ambito degli accampamenti ve ne sono alcuni più semplici con una o due abitazioni, ed altri più complessi, con una notevole quantità di strutture. Questi abitati sono costituiti tende o capanne, sia seminterrate sia al livello del suolo, a pianta circolare od ovale .

La presenza di aree specifiche destinate alla lavorazione della selce o di altre rocce dure all’interno degli abitati suggerisce una divisione del lavoro, determinata dall’abilità di alcuni individui del gruppo nella fabbricazione di particolari strumenti litici. Anche la realizzazione delle grandi opere d’arte parietale potrebbe essere attribuita ad artigiani specializzati mantenuti da ampie collettività. Pare probabile che persone addette a pratiche di culto o a pratiche magiche, con funzioni simili a quelle degli sciamani, godessero di una posizione privilegiata nella comunità.

L’indicazione della mobilità dei gruppi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore può essere determinata, oltre che dai territori sfruttati stagionalmente durante le battute di caccia, anche dal rinvenimento di particolari materie prime usate nella fabbricazione degli utensili, da conchiglie fossili o marine impiegate come ornamenti e da altri reperti di varia natura provenienti da località situate a grande distanza dagli accampamenti. Queste presenze, che alle volte provano distanze anche di centinaia di chilometri, possono essere state il risultato di lunghe migrazioni o di contatti occasionali tra gruppi diversi, almeno nella fase più antica del Paleolitico superiore. La continuità di approvvigionamento di una determinata materia prima, durante un momento più avanzato del Paleolitico superiore, prova invece l’esistenza di scambi realizzati attraverso contatti sistematici tra gruppi diversi o spedizioni ripetute alla località di estrazione o di raccolta.



Le pratiche funerarie

Le testimonianze di sepolture del Paleolitico superiore sono molto più abbondanti di quelle del Paleolitico medio. Esse mostrano una notevole varietà di riti, una più complessa struttura delle sepolture e certa è la funzione di corredo degli oggetti associati ai defunti.

I cadaveri sono stati deposti in fosse appositamente scavate, più o meno profonde, in posizione allungata (supina), fortemente rattratta o leggermente ripiegata. La maggior parte delle sepolture presentano un corredo, costituito prevalentemente da strumenti litici, generalmente di pregevole fattura, da manufatti in osso e corno, quali bastoni forati e zagaglie, da oggetti ornamentali, quali conchiglie forate, denti di animali anch’essi con foro di sospensione, vaghi in pietra e in osso, vertebre di piccoli mammiferi e di pesci. Tali oggetti potevano formare collane, bracciali, cavigliere, copricapi e talvolta associati in vario modo ornavano le vesti.

Frequente è l’uso di ocra rossa, con cui veniva cosparso il fondo della fossa o il corpo dell’inumato. In qualche caso venivano collocati dei blocchi o lastre di pietra in corrispondenza della testa o di altre parti del corpo.

La maggior parte delle sepolture del Paleolitico superiore sono ritrovamenti isolati, in rari casi si tratta di sepolture bisome di due individui, mentre nella parte finale di questo periodo il rinvenimento di numerose sepolture concentrate in un’area riservata specificamente ad esse, suggeriscono l’esistenza di vere e proprie necropoli. In questo senso possono essere interpretati alcuni rinvenimenti fatti in Italia in depositi attribuibili all’Epigravettiano finale, come ad esempio le quindici sepolture delle Arene Candide in Liguria, le quattro sepolture della grotta del Romito in Calabria e le cinque sepolture della Grotta di San Teodoro in Sicilia.

grotte scavate dall'Uomo nel Paleolitico

Le manifestazioni artistiche del Paleolitico superiore

I cacciatori del Paleolitico superiore hanno prodotto un numero molto elevato di opere d’arte, che in circostanze favorevoli si sono preservate sino ai nostri giorni. Tradizionalmente si distingue tra una produzione d’arte mobiliare e una produzione d’arte parietale . Le manifestazioni artistiche paleolitiche hanno avuto una vasta diffusione nel continente europeo, penetrando nelle regioni orientali talvolta fino nei territori siberiani.

Gli oggetti d’arte mobiliare sono stati ricavati da supporti ottenuti da ciottoli, lastre e blocchi di pietra o ricavati dall’osso, avorio e corno ed eccezionalmente dal legno che sono stati incisi, scolpiti o dipinti; più raramente sono stati modellati con l’argilla e quindi cotti. Essa è nota in tutte le regioni europee ove vi siano testimonianze del Paleolitico superiore; giacché gli oggetti d’arte mobiliare sono spesso rinvenuti durante gli scavi archeologici, essi sono quindi riferibili a un preciso contesto cronologico e culturale. L’arte mobiliare è documentata in numerosi paesi, con frequenza maggiore nella Francia sud-occidentale e nei Pirenei, in Moravia e nella Russia centrale.

L’arte parietale, limitata alle regioni con grotte e ripari sotto roccia, è maggiormente concentrata nell’area franco-cantabrica tra Francia centro-meridionale e Spagna settentrionale, anche se alcune località con testimonianze artistiche sono note in Italia meridionale, Portogallo, Romania e Russia.

Le tecniche di realizzazione delle incisioni e delle pitture parietali sono varie. In tutte le età sono state utilizzate l’incisione, il bassorilievo e la scultura a tutto tondo, mentre la martellinatura è limitata all’Auriganziano. In taluni casi è stata adottata la tecnica della raschiatura della superficie argillosa delle pareti, creando effetti di contrasto tra la superficie più scura dell’argilla e quella più chiara delle pareti calcaree. Frequentemente sono state utilizzate come supporto delle opere d’arte parietale anche morfologie naturali di massi o pareti delle grotte. Nella pittura sono stati usati soprattutto ossidi di ferro (ocra gialla, rossa e violetta), ossidi di manganese (nero), carbone (nero) sotto forma di matita o di polvere applicati con spatole e pennelli.

Problematica appare l’attribuzione delle opere d’arte parietale, generalmente realizzate nelle parti più interne delle grotte lontane dalle aree abitative poste all’ingresso e quindi distanti dai depositi archeologici. Solo in rari casi le opere d’arte sono apparse ricoperte da un deposito, la cui attribuzione cronologica ne ha consentito una datazione. Ad eccezione di questi casi, l’inquadramento cronologico delle opere d’arte rupestre può essere realizzato solo con l’analisi stilistica, attraverso il confronto con i pochi documenti parietali e gli oggetti d’arte mobiliare databili.

Su base stilistica dei siti dell’area franco-cantabrica sono stati distinti: un periodo pre-figurativo, corrispondente al Castelperroniano, nel quale la produzione artistica è limitata a bande di tratti incisi; un periodo primitivo, riferibile all’Aurignaziano e Gravettiano, nel corso del quale compaiono le prime opere figurative, sia mobiliari sia parietali; un periodo arcaico, attribuito al Solutreano e Maddalenniano antico, al quale risalgono gli insiemi di grandi blocchi scolpiti e i maggiori complessi di pitture e incisioni parietali; un periodo classico, attribuito al Maddaleniano recente, con la ricchissima produzione mobiliare, i grandi fregi scolpiti e molte grotte dipinte e incise. Con la fine del Paleolitico superiore l’arte decade rapidamente.

I temi trattati dall’arte parietale sono in prevalenza naturalistici; riproducono vari tipi di mammiferi (quali mammut, cavalli, bisonti, uri, cervi, renne, stambecchi, camosci, cinghiali, leoni, lupi e orsi), pesci (salmoni e trote), anguille, rettili. Accanto ad essi si devono ricordare animali immaginari, quali il liocorno. Tra le figure umane, nettamente inferiori nell’incidenza, vi sono: figure maschili e femminili, figure di genitali femminili, mani riprodotte sia in negativo sia in positivo e figure in parte umane in parte animali. La terza categoria di figure riguarda i cosiddetti segni: punti, tratti lineari, claviformi, frecce, scutiformi, tettiformi e rettangoli campiti.

Le associazioni di figure documentate nell’arte parietale hanno avuto varie interpretazioni. Due sono quelle principali: la presenza di scene di caccia (con animali feriti da giavellotti o da frecce, animali catturati in trappola), di accoppiamento e di morte ha portato alcuni studiosi ad attribuire a quest’arte una valenza magica, rivolta a propiziare la caccia, la riproduzione degli animali e la fertilità umana; altri ricercatori hanno sostenuto invece il significato simbolico delle rappresentazioni, che non sarebbero quindi delle semplici scene evocatrici di fatti reali o accaduti, ma associazioni di simboli riprodotti secondo un determinato sistema di significato.

L’Italia è situata relativamente ai margini rispetto al fenomeno dell’arte dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore. La gran parte dell’arte parietale paleolitica italiana è concentrata in due grotte della Puglia (Paglicci, Romanelli), nella Grotta Genovesi nelle isole Egadi, in alcune grotte della Sicilia (Niscemi, dell’Addaura, della Za Minica, dei Puntali e Racchio,di Pantalica), nel Riparo del Romito in Calabria e nelle Grotte dei Balzi Rossi in Liguria. Gli animali maggiormente rappresentati sono equidi, bovidi e cervidi; nel caso della Grotta dell’Addaura è presente una scena eccezionale riproducente una decina di personaggi maschili in atteggiamenti vari che sembrano partecipare a una danza o a un rito di iniziazione.